Nuove partite IVA: criteri modalità e termini per analisi del rischio

 

L’Agenzia delle entrate, in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 35, commi 15-bis.1 e 15-bis.2 del D.P.R. n. 633/1972 introdotti dalla Legge di bilancio 2023, ha definito i criteri, le modalità e i termini per l’analisi del rischio ed il controllo delle nuove partite IVA (Agenzia delle entrate, provvedimento 17 maggio 2023, n. 156803).

Secondo l’articolo 35 comma 15-bis D.P.R. n. 633/72, l’attribuzione del numero di partita IVA comporta l’effettuazione di controlli automatizzati per individuare elementi di rischio connessi al rilascio dello stesso, nonché l’eventuale effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell’attività.

Lo scopo è la verifica dei dati forniti dai soggetti per la loro identificazione ai fini IVA. L’esito negativo della verifica comporta l’emanazione di un provvedimento di cessazione della partita IVA e l’esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie (VIES).

 

Il comma 148 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio 2023 ha previsto un’ulteriore tipologia di controlli connessi al rilascio di nuove partite IVA e al comma 149 è stata introdotta una specifica sanzione di euro 3.000 da irrogare contestualmente all’emanazione dei provvedimenti di cessazione della partita IVA. Dunque, con il provvedimento del 17 maggio 2023, n. 156803, l’Agenzia delle entrate mira a definire le modalità per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 148. In particolare il citato comma 148 ha inserito all’articolo 35 del D.P.R. n. 633/72, dopo il comma 15-bis, i commi 15-bis.1 e 15-bis.2, rivolti principalmente alle partite IVA di nuova attribuzione, caratterizzate da brevi cicli di vita o da ridotti periodi di operatività, associati al sistematico inadempimento degli obblighi dichiarativi e di versamento delle imposte.

Di conseguenza l’Agenzia effettua specifiche analisi del rischio connesso al rilascio e all’operatività delle partite IVA, al fine di individuare tempestivamente i soggetti che presentano criticità o anomalie in relazione alla sussistenza dei requisiti soggettivi e/o oggettivi, nonché alla violazione degli obblighi tributari.

 

Gli elementi su cui fondare la valutazione del rischio sono:

– elementi di rischio riconducibili al titolare della ditta individuale, al lavoratore autonomo o al rappresentante legale di società, associazione o ente, con o senza personalità giuridica. Tali elementi possono riguardare sia la presenza di criticità nel profilo economico e fiscale del soggetto sia la manifesta carenza dei requisiti di imprenditorialità, nonché di professionale e abituale svolgimento dell’attività del medesimo;

– elementi di rischio relativi alla tipologia e alle modalità di svolgimento dell’attività, rispetto ad anomalie economico-contabili nell’esercizio della stessa, strumentali a gravi o sistematiche condotte evasive;

– elementi di rischio relativi alla posizione fiscale del soggetto titolare della partita IVA per il quale emergano gravi o sistematiche violazioni delle norme tributarie.

Completate le suddette analisi, i soggetti titolari di partita IVA che risultano presentare elementi di rischio sono invitati a comparire di persona presso l’ufficio competente, secondo le modalità e i tempi previsti dall’ordinamento tributario. Tale comparizione personale è finalizzata alla verifica dei profili di rischio propri del titolare della ditta individuale, del lavoratore autonomo o del rappresentante legale di società, associazione o ente, con o senza personalità giuridica, a cui è attribuita la partita IVA.

In caso di mancata comparizione del contribuente o mancanza degli elementi idonei a dimostrare l’insussistenza dei profili di rischio, l’ufficio notifica al medesimo il provvedimento di cessazione della partita IVA e contestualmente viene irrogata la sanzione prevista dall’articolo 11, comma 7-quater del D.Lgs. n. 471/1997. I suddetti provvedimenti di cessazione e di irrogazione della sanzione sono emessi dall’ufficio territorialmente competente.

Infine, al comma 15-bis.2, articolo 35, D.P.R. n. 633/1972, è stabilito che, in caso di cessazione della partita IVA effettuata ai sensi dei precedenti commi 15-bis e 15 bis.1, il soggetto destinatario del provvedimento può successivamente richiedere l’attribuzione di partita IVA, solo previa presentazione di una polizza fideiussoria o di una fideiussione bancaria, a favore dell’Amministrazione finanziaria, della durata di tre anni e per un importo, in ogni caso, non inferiore a euro 50.000. In caso di eventuali violazioni fiscali avvenute prima dell’emanazione del provvedimento di cessazione, l’importo della fideiussione deve essere pari alle somme ancora dovute se superiori a euro 50.000.

 

 

8, 5 e 2 per 1000: modalità e termini di trasmissione per i sostituti d’imposta

 

L’Agenzia delle entrate ha definito le modalità e i termini di trasmissione dei dati contenuti nelle schede per le scelte della destinazione dell’8, del 5 e del 2 per 1000 dell’IRPEF da parte dei sostituti d’imposta che prestano assistenza fiscale nell’anno 2023 (Agenzia delle entrate, provvedimento 16 maggio 2023, n. 155303).

Il provvedimento n. 155303/2023 dell’Agenzia delle entrate, emanato in base alle disposizioni recate dall’articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 51/2023, prevede che per la trasmissione dei dati contenuti nelle schede per le scelte della destinazione dell’8, del 5 e del 2 per 1000 dell’IRPEF, i sostituti d’imposta adottino, per la campagna dichiarativa 2023 relativa all’anno d’imposta 2022, le stesse modalità previste per il periodo d’imposta precedente, ricevendo le buste con le schede dai propri assistiti e consegnandole ad un intermediario o a Poste Italiane S.p.A. per il tempestivo invio all’Agenzia delle entrate entro le scadenze previste.

La consegna da parte dei sostituti d’imposta di tali schede deve avvenire in busta debitamente sigillata e contrassegnata sui lembi di chiusura dai contribuenti, ovvero in una normale busta di corrispondenza, debitamente sigillata e contrassegnata sui lembi di chiusura dal contribuente, avente le caratteristiche indicate dal provvedimento del 6 febbraio 2023.

Nel caso di consegna delle buste ad un intermediario, i sostituti d’imposta devono utilizzare la bolla di consegna, allegata al provvedimento del 6 febbraio 2023, nella quale devono essere riportati i codici fiscali dei soggetti che hanno effettuato la scelta della destinazione dell’8, del 5 e del 2 per 1000 dell’IRPEF.

Gli intermediari dovranno poi rilasciare al sostituto d’imposta copia della bolla di consegna, contenente l’impegno a trasmettere in via telematica i dati contenuti nei modelli 730, nei modelli 730-4 e 730-1.

In caso di consegna delle buste ad un ufficio postale, invece, i sostituti d’imposta devono compilare la bolla di consegna senza indicare i codici fiscali dei soggetti che hanno effettuato le scelte della destinazione dell’8, del 5 e del 2 per 1000 dell’IRPEF, raggruppando le buste in pacchi chiusi contenenti fino a cento pezzi. Su ciascun pacco, numerato progressivamente, deve essere apposta la dicitura “Modello 730-1” e devono essere indicati il codice fiscale, il cognome e il nome o la denominazione e il domicilio fiscale del sostituto d’imposta.

Successivamente gli intermediari trasmettono tempestivamente in via telematica all’Agenzia delle entrate i dati contenuti nelle schede ricevute dai contribuenti: entro il 31 luglio 2023 per le schede ricevute fino al 15 luglio 2023 ed entro il 15 ottobre 2023 per le schede ricevute fino al termine di presentazione del Modello 730/2023.

Gli intermediari e Poste Italiane S.p.A., al momento dell’apertura della busta contenente la scheda, verificano la corrispondenza tra i dati indicati su di essa (codice fiscale, cognome e nome del contribuente) e quelli riportati sulla scheda in essa contenuta.

Secondo quanto stabilito dall’articolo 11 del decreto ministeriale 31 luglio 1998, vige l’obbligo di riservatezza riguardo alle scelte preferenziali espresse nelle schede. Inoltre, in considerazione della particolare delicatezza dei dati riferiti alle scelte effettuate nel Modello 730-1, è fatto divieto assoluto di comunicare e diffondere tali informazioni e di utilizzarle, singolarmente o con modalità massive, per finalità diverse da quelle del servizio di trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate.

 

 

 

Trattamento fiscale delle autorizzazioni rilasciate dal notaio in materia di volontaria giurisdizione

 

Il Ministero della giustizia, con circolare 2 maggio 2023, ha fornito chiarimenti attinenti al trattamento fiscale delle autorizzazioni rilasciate dal notaio in materia di volontaria giurisdizione, introdotte dal D.Lgs. n. 149/2022.

A seguito di diversi quesiti pervenuti alla direzione generale riguardo al trattamento fiscale delle autorizzazioni rilasciate dal notaio in materia di volontaria giurisdizione, introdotte dal D.Lgs. n. 149/2022, il Ministero della giustizia è intervenuto a fare luce in assenza di specifiche indicazioni di diritto positivo.

Le autorizzazioni per la stipula degli atti pubblici e scritture private autenticate nei quali interviene un minore, un interdetto, un inabilitato o un soggetto beneficiario della misura dell’amministrazione di sostegno, ovvero aventi ad oggetto beni ereditari, possono essere rilasciate, previa richiesta scritta delle parti, dal notaio rogante, ai sensi del’ art. 21, primo comma, del D.Lgs. n. 149/2022. Tale norma prevede che il notaio possa esperire un’istruttoria semplificata e funzionale alla decisione sulla richiesta di autorizzazione; inoltre, ove per effetto della stipula dell’atto debba essere riscosso un corrispettivo nell’interesse del minore o di un soggetto sottoposto a misura di protezione, il notaio determina le cautele necessarie per il reimpiego del medesimo.

L’autorizzazione resa dal notaio può essere reclamata innanzi all’autorità giudiziaria secondo le norme processuali applicabili al corrispondente provvedimento giudiziale e dunque l’efficacia dell’autorizzazione consegue al vano decorso del termine di 20 giorni dalle notificazioni e comunicazioni previste senza che sia stato proposto reclamo.

L’interessato può quindi alternativamente rivolgersi al notaio o al giudice, trattandosi di una competenza concorrente con due canali autorizzatori autonomi e alternativi.

Poiché il notaio-pubblico ufficiale riceve tale munus direttamente dalla norma, e non in virtù di provvedimento di delega dell’autorità giudiziaria, è escluso che tale attività possa qualificarsi come giurisdizionale. Mancano, infatti, particolari prescrizioni, in merito alla forma della richiesta da presentare al notaio, al contenuto-forma dell’autorizzazione notarile e ai criteri distributivi della competenza territoriale.

Ciò premesso, affinché sorga l’obbligo, per la parte privata, di sostenere le spese degli atti processuali, è necessario che sia instaurato un processo dinanzi all’autorità giudiziaria. Di conseguenza, in merito al regime fiscale applicabile in caso di autorizzazione resa dal notaio, non si configura un provvedimento di natura giurisdizionale e perciò l’ufficio giudiziario non sarà tenuto a richiedere il pagamento del contributo unificato e per le medesime ragioni, risulterà inesigibile anche l’importo forfettario di cui all’articolo 30 del Testo unico.

Il Ministero chiarisce infine che, in caso di autorizzazione resa dal notaio, il rimedio impugnatorio previsto è il reclamo camerale di cui all’art. 739 c.p.c., soggetto al pagamento del contributo unificato previsto per i procedimenti in camera di consiglio, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lett. b), D.P.R. n.115/2002, con la maggiorazione prevista per i giudizi di impugnazione dall’articolo 13, comma 1-bis, fatte salve le esenzioni espressamente previste dalla legge.

 

 

Aggiornamento FAQ Rottamazione-quater: chiarimenti dall’Agenzia riscossione

 

L’Agenzia delle entrate-riscossione ha pubblicato le FAQ aggiornate relative alla definizione agevolata introdotta dalla Legge n. 197/2022 e modificata dal D.L. n. 51/2023.

Con la pubblicazione sul sito dell’Agenzia delle entrate-riscossione delle nuove FAQ relative alla Rottamazione quater vengono forniti chiarimenti in merito all’ambito di applicazione, alle nuove scadenze, alle modalità di adesione e di pagamento e alle conseguenze in caso di omesso, insufficiente o tardivo versamento.

 

Riguardo all’ambito di applicazione, è la Legge n. 197/2022 a stabilire che i benefici previsti dalla definizione agevolata siano applicati ai debiti risultanti dai carichi affidati all’Agente della riscossione nel periodo dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 inclusi quelli:

• contenuti in cartelle non ancora notificate;
• interessati da provvedimenti di rateizzazione o di sospensione;
• già oggetto di una precedente “Rottamazione” anche se decaduta per il mancato, tardivo, insufficiente versamento di una delle rate del relativo precedente piano di pagamento.

 

Risultano esclusi dal suddetto beneficio:
– i carichi affidati all’Agente della riscossione prima del 1° gennaio 2000 e dopo il 30 giugno 2022;
– i carichi relativi a somme dovute a titolo di recupero degli aiuti di Stato;

– i carichi relativi a crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;
– i carichi relativi a multe, ammende e sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;

– i carichi relativi a risorse proprie tradizionali dell’UE e l’IVA riscossa all’importazione;
– le somme affidate dagli enti della fiscalità locale e/o territoriale per la riscossione a mezzo avvisi di pagamento (cosiddetti GIA);
– i carichi affidati dalle casse/enti previdenziali di diritto privato che non hanno provveduto, entro il 31 gennaio 2023, all’adozione di uno specifico provvedimento volto a ricomprendere gli stessi carichi nell’ambito applicativo della misura agevolativa. 

Sulle modalità di adesione viene chiarito che è compito del debitore manifestare la propria volontà di procedere alla definizione agevolata, presentando apposita dichiarazione di adesione telematica, entro il 30 giugno 2023, come da termine modificato dall’ articolo 4 del D.L. n. 51/2023.

E’ possibile presentare la domanda:
– in area riservata, selezionando le cartelle/avvisi per i quali si intende beneficiare dell’agevolazione;
– in area pubblica compilando un apposito form e allegando la documentazione di riconoscimento.

Dopodiché, entro il 30 settembre 2023, nuovo termine introdotto dall’articolo 4 del D.L. n. 51/2023, perverrà dall’Agenzia una comunicazione di accoglimento/diniego e sarà possibile procedere ai pagamenti secondo le date di scadenza riportate sulla comunicazione delle somme dovute.

In caso di omesso, insufficiente o tardivo versamento, superiore a cinque giorni, dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento, le FAQ chiariscono che la Rottamazione-quater risulta inefficace e i versamenti effettuati saranno considerati a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto.

 

Agenzia delle entrate: chiarimenti su esenzione IVA per attività di carattere educativo e didattico

 

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sul trattamento ai fini IVA riguardante attività di natura educativa e didattica (Agenzia delle entrate, risposta 9 maggio 2023, n. 321).

La questione oggetto del parere dell’Agenzia delle entrate è posta da una società che svolge corsi di formazione di lingua inglese e che dichiara di aver ottenuto il riconoscimento all’applicazione del regime di esenzione IVA, così come previsto dall’articolo 10, co. 1, n. 20), del D.P.R. n. 633/1972 (Decreto IVA). Dovendo erogare corsi di lingua per conto di due diverse società, delle quali una sola in possesso dei requisiti di esenzione, l’istate ha chiesto chiarimenti in merito al regime di esenzione IVA  prospettando la possibilità di fatturare alla prima società la prestazione senza IVA, fatturando la società stessa a sua volta ai propri
clienti in esenzione IVA, e alla seconda società di fatturare la prestazione ugualmente senza IVA, ma lasciando poi fatturare la società ai propri clienti applicando l’IVA.

 

L’articolo 10, primo comma, n. 20) del Decreto IVA prevede l’esenzione dall’IVA per le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da enti del Terzo settore di natura non commerciale.

 

Per beneficare della suddetta esenzione IVA, le prestazioni devono essere:

– di natura educativa dell’infanzia e della gioventù o didattica di ogni genere, ivi compresa l’attività di formazione, aggiornamento, riqualificazione e riconversione professionale (requisito oggettivo)

– erogate da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni (requisito soggettivo).

 

L’istante gode del regime speciale basato sul parere tecnico vincolante dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, ma essendo tale regime circoscritto all’attività di natura educativa e didattica specificatamente riconosciuta, è da valutare se, in base agli accordi stipulati con gli istituti interessati, l’attività che la società rende a loro favore sia la stessa attività di insegnamento per la quale ha ottenuto il riconoscimento e non consista invece in una mera messa a disposizione di insegnanti, in cui il docente svolge temporaneamente compiti di insegnamento sotto la responsabilità di quest’ultimo istituto (sentenza della Corte di Giustizia UE, C­434/05 del 14 giugno 2007, par. 19, 22, 23). In questa fattispecie, infatti, non ricorrerebbero i presupposti per l’esenzione IVA.

 

L’Agenzia, pertanto, ritiene che le prestazioni che la società intende effettuare siano esenti da IVA al verificarsi delle seguenti condizioni:

  • permangano in capo all’istante i presupposti di fatto e di diritto in base ai quali la Direzione regionale del Lazio ha reso il citato parere;

  • le prestazioni siano identiche a quelle oggetto di ”riconoscimento” e non consistano nella mera messa a disposizione di docenti, nel senso chiarito dalla Corte di Giustizia UE.

Al ricorrere dunque di questi presupposti l’istante potrà fatturare le prestazioni pattuite in esenzione da IVA agli istituti committenti, riconosciuti o meno.

Per quanto riguarda, invece, la prestazione di insegnamento che gli stessi istituti committenti a loro volta fatturano ai propri discenti, torna dirimente il possesso del requisito del riconoscimento.