Tassazione ordinaria su retribuzione di risultato

 


Per il premio che venga erogato entro l’anno successivo di assegnazione degli obiettivi, previsto dal verbale di accordo sindacale, si applica la tassazione ordinaria, in quanto non può qualificarsi come ” emolumento arretrato”, non essendo ravvisabile alcun ” ritardo” nella erogazione delle somme dovuto al sopraggiungere di una ” causa giuridica” (Agenzia delle entrate – Risposta 07 aprile 2022, n. 173).

Con riferimento alla tassazione del reddito di lavoro dipendente, l’articolo 51 del Tuir stabilisce che le somme e i valori percepiti dai lavoratori dipendenti sono imputati al periodo d’imposta in cui entrano nella disponibilità di questi ultimi, secondo il cd. principio di cassa.
Data la progressività delle aliquote IRPEF, per attenuare gli effetti negativi derivanti da una rigida applicazione del predetto principio, l’articolo 17, comma 1, lettera b), del Tuir prevede che sono soggetti a tassazione separata « gli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti, o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti».
In altri termini, secondo la prassi in materia (cfr. circolare 5 febbraio 1997, n. 23, circolare 14 giugno 2001, n. 55/E, par. 5.1, risoluzione 16 marzo 2004, 43/E):
– le situazioni che possono in concreto assumere rilevanza ai fini della tassazione separata sono di due tipi:
a) quelle di “carattere giuridico”, che consistono nel sopraggiungere di norme legislative, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi, ai quali è sicuramente estranea l’ipotesi di un accordo tra le parti in ordine ad un rinvio del tutto strumentale nel pagamento delle somme spettanti;
b) quelle consistenti in “oggettive situazioni di fatto”, che impediscono il pagamento delle somme riconosciute spettanti entro i limiti di tempo ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti d’imposta;
– l’applicazione del regime di tassazione separata deve escludersi ogni qualvolta la corresponsione degli emolumenti in un periodo d’imposta successivo debba considerarsi “fisiologica” rispetto ai tempi tecnici occorrenti per l’erogazione degli emolumenti stessi;
– qualora ricorra una delle cause giuridiche individuate dal citato articolo 17, comma 1, lettera b), non deve essere effettuata alcuna indagine in ordine al ” ritardo” nella corresponsione, per valutare se detto ritardo possa essere considerato “fisiologico ” rispetto ai tempi tecnici occorrenti per l’erogazione degli emolumenti stessi;
– l’indagine in ordine al ” ritardo” va, invece, sempre effettuata quando il ” ritardo ” è determinato da circostanze di fatto.
Pertanto, nel caso in cui ricorra una delle cause giuridiche di cui all’articolo 17, comma 1, lettera b), del Tuir, vale a dire il sopraggiungere, rispetto al periodo di maturazione, di norme legislative, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi, in base ai quali sono corrisposti « emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti» , non deve essere effettuata alcuna indagine in ordine al ” ritardo” nella corresponsione, mentre la predetta indagine va sempre effettuata quando il ” ritardo” è determinato da circostanze di fatto.
La citata prassi, dunque, trova applicazione in relazione a fattispecie in cui l’erogazione degli emolumenti al personale avvenga in ” ritardo” successivamente all’anno di riferimento.
Nel caso in esame, l’Istante rappresenta che con il verbale di accordo sindacale, stipulato il 13 maggio 2021, oltre ad individuare i nuovi criteri e modalità per la liquidazione al proprio personale dirigente delle somme da corrispondersi a titolo incentivante (MBO), viene espressamente chiarito che l’erogazione dell’incentivo avviene nell’anno successivo a quello di assegnazione degli obiettivi, di norma tra aprile e giugno.
Sulla base del riscontro alla richiesta di documentazione integrativa inviata dalla Scrivente, l’ Istante ha prodotto il verbale di accordo stipulato in data 13 maggio 2021, tra la Società istante e la Rappresentanza aziendale dei dirigenti del Gruppo. Nel citato verbale, tra i vari punti, viene specificato che:
1. ” per quanto concerne gli obiettivi MBO che verranno assegnati a decorrere dall’anno corrente (erogazione dal 2022), le parti concordano di individuare le percentuali della retribuzione annua lorda (da calcolarsi con riferimento al mese di assegnazione – retribuzione mensile lorda proiettata per 12 mensilità più tredicesima e indennità operativa) da applicarsi in funzione del raggiungimento del 100% degli obiettivi assegnati per il riconoscimento del premio annuo MBO”, secondo determinati criteri esposti nel suddetto verbale;
2. ” il premio MBO viene erogato entro l’anno successivo a quello di assegnazione degli obiettivi, di norma tra aprile e giugno”.
Alla luce di quanto su esposto, tenuto conto il citato accordo prevede che il premio venga erogato entro l’anno successivo di assegnazione degli obiettivi (tra aprile e maggio) l’Agenzia ritiene che tale pagamento non possa qualificarsi come ” emolumento arretrato”.
Pertanto, non essendo ravvisabile alcun ” ritardo” nella erogazione delle somme dovuto al sopraggiungere di una ” causa giuridica”, l’Agenzia ritiene che debba applicarsi la tassazione ordinaria.


 

 

Il passaggio da banca a SIM comporta il cambiamento del calcolo delle imposte

 


La società interessata da un’operazione di scissione parziale, che in seguito alla stessa, nel corso del 2022, cesserà l’attività bancaria per intraprendere quella prevalente di intermediazione mobiliare, può determinare l’Ires e l’Irap dovute applicando la specifica disciplina prevista per le società di intermediazione mobiliare (Agenzia Entrate – risposta 06 aprile 2022, n. 179).

Il fatto posto all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate riguarda la corretta individuazione delle regole di determinazione dell’imponibile (IRES e IRAP) per il 2022, trattandosi di un’annualità interessata da un’operazione di scissione parziale che determinerà in capo alla società la cessazione dell’attività bancaria e l’avvio di quella di intermediazione mobiliare. Nel merito, va detto che la fattispecie in esame non rientra in alcuna delle ipotesi di “trasformazione” disciplinate dal TUIR, un quanto la società, assumendo la qualifica di SIM, si limita a modificare la propria attività, denominazione e oggetto sociale, continuando ad operare in regime d’impresa ed essendo soggetta alla medesima imposta precedentemente applicata. In esito all’operazione di riorganizzazione, non si produce dunque alcuna modifica soggettiva idonea a legittimare l’applicazione di un diverso regime fiscale, risultando mutate esclusivamente le regole di calcolo dell’imposta (a fini, ad esempio, dell’aliquota IRES, della disciplina degli interessi passivi e dei criteri di determinazione del valore della produzione netta ai fini IRAP).
Va, altresì, rilevato che sotto il profilo civilistico l’operazione di scissione parziale non comporta l’obbligo di redigere un bilancio di chiusura, essendo sufficiente che la società scissa predisponga le scritture contabili di rilevazione del trasferimento patrimoniale in favore della beneficiaria. Secondo l’Agenzia delle Entrate, quindi, non ricorrono nel caso di specie gli estremi che determinano l’interruzione del periodo d’imposta alla data di efficacia della scissione.
La dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio 2022 deve essere compilata sulla base del primo bilancio d’esercizio successivo alla scissione, assumendo l’esercizio per la sua durata ordinaria.
Ai fini degli obblighi dichiarativi, occorre pertanto applicare in relazione a tutto il periodo d’imposta le regole di determinazione previste, ai fini IRES e IRAP, per i soggetti bancari ovvero per le SIM sulla base di un criterio di prevalenza dell’attività svolta in corso d’anno, da declinare in termini di entità dei proventi reddituali conseguiti.
Nel rigo RF1, campo 1, del modello di dichiarazione andrà dunque indicato il codice dell’attività svolta in via prevalente, desunto dalla tabella di classificazione delle attività economiche ATECO 2007, consultabile sul sito Internet dell’Agenzia delle entrate www.agenziaentrate.gov.it, nella sezione “Strumenti”, unitamente al volume d’ausilio contenente le note esplicative e le tabelle di raccordo tra i codici ATECOFIN 2004 e ATECO 2007.


 

Imposta di bollo su copie rilasciate per via telematica

 


Al fine di stabilire in quale misura l’imposta di bollo vada determinata e, in particolare, se possa applicarsi secondo un importo forfetario, è necessario che le copie si qualifichino come documenti informatici rilasciati ” per via telematica” secondo le disposizioni del CAD e delle relative regole tecniche. (Agenzia delle entrate – Risposta 06 aprile 2022, n. 170)

Nella fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria si rappresenta di rilasciare a chi ne faccia richiesta “copie conformi di documenti che sono stati depositati nel fascicolo in originale o in copia conforme all’originale” e si riferisce che detti documenti, qualora rilasciati in modalità cartacea, sono assoggettati al pagamento dell’imposta di bollo “come previsto alla tariffa articolo 4 n.1 allegato A del DPR n. 642/1972″ e l’imposta ” viene riscossa (…) in modalità virtuale”.
Con l’avvento della digitalizzazione dei processi e dei fascicoli è stato introdotto il fascicolo digitale in sostituzione di quello cartaceo che è costituito da documenti che possono essere formati in modalità digitale o dematerializzati secondo le modalità previste dall’articolo 22 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale).
Con riferimento alla richiesta di copie di documenti contenuti in detto fascicolo, l’Ente riferisce che, per evitare affollamenti agli sportelli, gli stessi debbano essere richiesti “via PEC o mail previo pagamento delle imposte e dei diritti tramite Pago PA” e vengono trasmessi sempre via PEC o per e-mail in formato pdf al richiedente.
Ciò posto, con riferimento al rilascio delle copie conformi dei fascicoli digitali che vengono trasmesse in formato digitale via PEC o per mezzo di e-mail, l’interpellante chiede di conoscere il corretto trattamento tributario da riservare alle stesse con riferimento all’imposta di bollo.
Al riguardo, il Fisco,in generale, ritiene che l’imposta di bollo sia ” dovuta nella misura forfettaria di euro 16,00 a prescindere dalla dimensione del documento”, ai sensi del citato articolo 4, comma 1- quater della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. n. 642 del 1972, per i documenti rilasciati “per via telematica anche in estratto o in copia dichiarata conforme all’originale a coloro che ne abbiano fatto richiesta” e, dunque, ” se prodotti in conformità alle linee guida” come disposto dal sopra citato articolo 23- bis del CAD e dalle regole tecniche dettate dal d.P.C.M. 13 novembre 2014, sopra menzionate.
Qualora, invece, detti documenti non posseggano tali caratteristiche, gli stessi scontano l’imposta in argomento ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della Tariffa allegata al d.P.R. n. 642 del 1972 che prevede il pagamento dell’imposta di bollo nella misura di euro 16,00 per ogni foglio.
Pertanto, al fine di stabilire in quale misura detta imposta vada determinata e, in particolare, se possa applicarsi secondo un importo forfetario, è necessario che le copie si qualifichino come documenti informatici rilasciati ” per via telematica” secondo le disposizioni del CAD e delle relative regole tecniche dettate nel d.P.C.M. del 13 novembre 2014; al riguardo, si osserva che il semplice invio di un documento in formato “pdf” a mezzo di posta elettronica non può ritenersi tale.

 

Il decreto sull”attività ispettiva imprese sociali

 


Con il comunicato del 5 aprile 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali rende noto che è stato il DM 54 relativo all’attività ispettiva sulle imprese sociali, in attesa di pubblicazione.

In particolare, il provvedimento determina:
– la disciplina delle attività di controllo volte a verificare il rispetto, da parte delle imprese sociali, delle disposizioni di cui al Dlgs 3 luglio 2017, n. 112 e del contributo a carico delle medesime per le spese relative al sistema di vigilanza;
– l’individuazione di criteri, requisiti e procedure per il riconoscimento degli enti associativi ai fini dell’esercizio dell’attività ispettiva;
– le forme di vigilanza da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Destinatari dei controlli sono gli enti in possesso della qualifica di impresa sociale, compresi quelli in scioglimento volontario o in concordato preventivo, a eccezione di quelli sottoposti alla gestione commissariale o alle altre procedure concorsuali. Il Decreto chiarisce inoltre le modalità del controllo ordinario eseguito dal Ministero, a cui l’impresa sociale è soggetta almeno una volta all’anno. Per le ispezioni straordinarie invece, le funzioni ispettive sono demandate all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, salvo quanto disposto all’art. 1, comma 4, del Decreto, secondo cui nella Regione Sicilia e nelle Province Autonome di Trento e Bolzano, il Ministero provvede alla sottoscrizione di appositi accordi o protocolli d’intesa con le Amministrazioni competenti, al fine di garantire l’uniforme svolgimento dell’attività. Infine, il provvedimento precisa che la vigilanza sulle imprese sociali costituite in forma di società cooperativa rimane attribuita al Ministero dello Sviluppo Economico, ai sensi del Dlgs 2 agosto 2002, n. 220.


 

 

“Tovagliometro” valido ai fini dell’accertamento

 


La Corte di cassazione ha ribadito l’idoneità del riferimento ai tovaglioli utilizzati da un ristorante al fine della ricostruzione induttiva del reddito dell’impresa (Corte di cassazione – ordinanza 31 marzo 2022 n. 10388).

L’accertamento con metodo analitico induttivo, con il quale l’Ufficio finanziario procede alla rettifica di componenti reddituali, è consentito ai sensi dell’art. 39 co. 1, lett. d), D.P.R. n. 600/1973, pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, in quanto la disposizione presuppone scritture regolarmente tenute, che tuttavia appaiano contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e della fedeltà della contabilità esaminata, sicché essa possa essere considerata, nel suo complesso inattendibile.
Nel caso di specie l’Ufficio aveva contestato la presunzione di ricavi non dichiarati derivante dal calcolo dei tovaglioli utilizzati dall’attività del ristorante sulla constatazione della irragionevole esiguità del reddito dichiarato e della non congruità dei ricavi al numero dei tovaglioli utilizzati.
La complessiva inattendibilità della contabilità aziendale, desumibile dai rilievi suesposti, era astrattamente idonea a legittimare l’accertamento induttivo, espletato dall’Ufficio sulla base dei criteri già approvati da questa Corte in occasione di altre pronunce. In particolare, in tema di accertamento dei redditi d’impresa, con riguardo ad un’attività di ristorazione la Corte ha affermato che, una volta calcolata la quantità normale di materie prime necessarie per la preparazione dei pasti, è ragionevole presumere che ne sia stato servito un numero pari al complesso dei generi alimentari acquistati, diviso per le quantità di essi occorrenti per ciascun pasto e che la mancata registrazione di consistenti ricavi sulla base dei piatti e delle bevande vendute in determinati anni, legittima l’ufficio finanziario a procedere all’accertamento ai sensi dell’art. 39, co. 2, lett. d), D.P.R. n. 600/1973, trattandosi di omissioni e falsità che per il loro numero e gravità minano la credibilità dell’intera documentazione contabile.
Questa Corte ha altresì affermato la legittimità dell’accertamento nei confronti di un ristorante in cui l’ufficio che ha dedotto il reddito dalla quantità di materie prime (carne e pesce) acquistata o dal numero di tovaglioli lavati.