Il dipendente di una società distaccato all’ estero e rientrato in Italia con un nuovo ruolo e la promozione a quadro non può fruire dell’agevolazione dell’Irpef prevista dal regime sugli impatriati di cui all’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015, in quanto sussiste una situazione di continuità con la precedente posizione lavorativa italiana (Agenzia Entrate – risposta 28 marzo 2022, n. 159).
Il regime speciale dei lavoratori impatriati è disciplinato dall’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015 e per accedere è necessario che il lavoratore:
– trasferisca la residenza in Italia;
– non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
– svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Sono destinatari del beneficio fiscale, inoltre, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:
– sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero
– abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
L’agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi.
Per accedere al regime speciale, è necessario, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.
In relazione al caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire che i soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all’estero “non” possono fruire del beneficio in considerazione della situazione di continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia.
Tale posizione mira ad evitare un uso strumentale dell’agevolazione in esame, ma in ogni caso non preclude, comunque, la possibilità di valutare specifiche ipotesi in cui il rientro in Italia non sia conseguenza della naturale scadenza del distacco ma sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa.
Ciò si può verificare, ad esempio, nelle ipotesi in cui:
– il distacco sia più volte prorogato e, la sua durata nel tempo, determini quindi un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
– il rientro in Italia del dipendente non si ponga in ” continuità” con la precedente posizione lavorativa in Italia; il dipendente, pertanto, al rientro assume un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all’estero.
In tali ipotesi, le peculiari condizioni di rientro dall’estero del dipendente, rispondendo alla ratio della norma e non precludono al lavoratore in posizione di distacco l’accesso al beneficio.
Inoltre, recentemente, la stessa Agenzia, ha ulteriormente precisato che il beneficio fiscale non spetta nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro.
Diversamente, nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta dall’impatriato costituisca una nuova attività lavorativa, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, e quindi l’impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso potrà accedere al beneficio a decorrere dal periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia.
Inoltre, l’agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui il soggetto, pur in presenza di un nuovo contratto per l’assunzione di un nuovo ruolo aziendale al momento dell’impatrio, rientri in una situazione di continuità con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell’espatrio.
Ciò accade, ad esempio, quando i termini e le condizioni contrattuali, indipendentemente dal nuovo ruolo aziendale e della relativa retribuzione, rimangono di fatto immutati al rientro presso il datore di lavoro in virtù di intese di varia natura, quali clausole inserite nelle lettere di distacco ovvero negli accordi con cui viene conferito un nuovo incarico aziendale, dalle quali si evince che, sotto un profilo sostanziale, continuano ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell’espatrio.
A titolo meramente esemplificativo, costituiscono indice di una situazione di continuità sostanziale:
– il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo aziendale;
– il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione;
– l’assenza del periodo di prova;
– clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima (ed eventuale quattordicesima) maturati nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo;
– clausole in cui si prevede che alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell’ambito dell’organizzazione della Società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la società di appartenenza in vigore prima del distacco.
Diversamente, laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l’impatriato potrà accedere al beneficio fiscale in esame.
Nel caso di specie, indipendentemente dal nuovo ruolo assunto dal dipendente al rientro in Italia, conferito anche in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all’estero, e dalla revisione della retribuzione, i termini e le condizioni contrattuali, così come il datore di lavoro, rimangono di fatto immutati.
La circostanza che continuino ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell’espatrio, porta a considerare che la posizione lavorativa assunta al rientro del dipendente sia in ” continuità” con la precedente posizione lavorativa, continuando ad applicarsi le medesime condizioni contrattuali.
Pertanto, non sembra potersi ravvisare il requisito della ” discontinuità lavorativa”, in assenza del quale l’accesso al regime fiscale agevolativo deve considerarsi precluso.