Le prestazioni percepite da un contribuente da parte di uno Stato estero, derivanti dalla sua adesione a un fondo integrativo complementare al regime di previdenza sociale obbligatorio, la cui riscossione può avvenire in qualsiasi momento, non sono qualificabili come trattamento pensionistico, quindi, in tal caso, se il contribuente si trasferisce in Italia, non spetta il beneficio dell’imposta sostitutiva di cui all’art. 24-ter, D.P.R. n. 917/1986 (Agenzia Entrate – risposta 23 marzo 2022, n. 150).
Ai sensi dell’art. 24-ter del TUIR, le persone fisiche, titolari dei redditi da pensione, erogati da soggetti esteri, che trasferiscono in Italia la propria residenza, in uno dei comuni appartenenti al territorio delle regioni Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, e in uno dei comuni, con popolazione non superiore a 3.000, colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017, possono optare per l’assoggettamento dei redditi di qualunque categoria, prodotti all’estero, a un’imposta sostitutiva, calcolata in via forfettaria, con aliquota del 7% per ciascuno dei periodi di imposta di validità dell’opzione.
L’opzione è:
– esercitata dalle persone fisiche che non siano state fiscalmente residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti a quello in cui l’opzione diviene efficace e trasferiscono la residenza da paesi con i quali sono in vigore accordi di cooperazione amministrativa;
– valida per i primi nove periodi d’imposta successivi al periodo di imposta in cui avviene il trasferimento della residenza fiscale;
– esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia ed è efficace a decorrere da tale periodo d’imposta.
Per l’accesso al regime è necessaria la titolarità da parte delle persone fisiche dei redditi da pensione di cui all’art. 49, co. 2, lett. a) del Tuir, erogati da soggetti esteri.
In base al cit. articolo, costituiscono redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati.
Pertanto, per espressa previsione normativa, i redditi da ” pensione” sono equiparati a quelli di ” lavoro dipendente”, e rientrano nella nozione di redditi da pensione anche tutti quegli emolumenti percepiti dopo la cessazione di un’attività lavorativa, che trovano genericamente la loro causa anche in un rapporto di lavoro diverso da quello di lavoro dipendente (ad esempio, il trattamento pensionistico percepito da un ex titolare di reddito di lavoro autonomo).
In linea di principio, le prestazioni pensionistiche integrative, erogate da un fondo previdenziale professionale estero e corrisposte, una volta maturato il requisito anagrafico richiesto per l’accesso alla prestazione, ad un soggetto che trasferisce la residenza nel territorio dello Stato, devono risultare imponibili in Italia in base alla specifica Convenzione per evitare le doppie imposizioni stipulata dall’Italia con il Paese della fonte.
Detti emolumenti sono riconducibili, in via generale, ai redditi di cui all’art. 49, co. 2, lett. a), del TUIR, che equipara ai redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati, in quanto alle stesse prestazioni non si applica la disciplina della previdenza complementare italiana.
Con riferimento al caso di specie, le prestazioni derivanti dalla adesione al fondo integrativo (complementare allo ” statutory social security”), la cui riscossione può avvenire in qualsiasi momento, non sono qualificabili come trattamento pensionistico.
Pertanto, poiché le stesse non sono riconducibili nell’ambito applicativo di cui all’art. 49, co. 2, lett. a), del TUIR, non è possibile accedere al regime di favore previsto dall’art. 24- ter del TUIR.